Studio Legale Avv. Luigi Grillo

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Articolo dell'Avv.Luigi Grillo pubblicato il 26.11.2021 in Partner 24ORE Avvocati dal titolo "Gli obblighi e le responsabilità dell'amministratore di condominio in mediazione"

Gli obblighi e le responsabilità dell’amministratore di condominio in mediazione

Scopo di questa pubblicazione è illustrare quelli che sono gli obblighi e le responsabilità di un amministratore condominiale, allorquando al condominio dallo stesso amministrato viene comunicato un invito a partecipare, nella sua qualità di legale rappresentante pro tempore dell’ente di gestione, ad una mediazione civile. Ma, prima di ciò, analizziamo quello che è l’istituto della mediazione civile.

LA MEDIAZIONE CIVILE

La disciplina della mediazione civile è contenuta nel decreto legislativo n.28 del 2010, con il quale è stata attuata la delega conferita al Governo con la legge n. 69 del 2009 e si è allineati alle direttiva 2008/52/CE. Il 21 marzo 2011 è entrata in vigore la riforma che introduce anche in Italia il sistema della Mediazione Civile, che si affianca alla riforma del Processo Civile e al Programma di Digitalizzazione della Giustizia con cui s’intende intervenire nella fase di lavorazione delle cause; l’obiettivo principale della riforma è la riduzione del flusso in ingresso di nuove cause nel sistema Giustizia, offrendo al cittadino uno strumento più semplice e veloce per risolvere le controversie con tempi molto brevi (oggi non oltre 3 mesi) e costi contenuti e certi. Sappiamo che, inizialmente, detta normativa ha ricevuto dalla Corte Costituzionale una dichiarazione d’incostituzionalità, per eccesso di delega, ma poi, successivamente, è stata fatta ritornare pienamente in vigore con alcune modifiche. La mediazione è l’attività professionale svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa. In pratica, la mediazione civile è tutto questo: due o più parti, assistite dai rispettivi avvocati (l’assistenza di un legale è obbligatoria quando la mediazione è condizione di procedibilità in giudizio e consigliata negli altri casi), si incontrano presso un Organismo di Mediazione accreditato dal Ministero della Giustizia per cercare un accordo attraverso il fondamentale intervento del Mediatore Professionista, che si è accuratamente formato e preparato per aiutare le parti a incontrarsi e a trovare una soluzione conveniente per entrambe. La mediazione costituisce una possibile alternativa alle lunghe e costose cause in Tribunale, dove molto spesso, dopo anni di udienze, tutti si sentono sconfitti e nessuno vincitore.

LA MEDIAZIONE OBBLIGATORIA

Oggi la mediazione è condizione di procedibilità (ovvero deve essere obbligatoriamente tentata prima di poter andare in giudizio) nei casi di una controversia in materia di: • diritti reali (proprietà, usufrutto, usucapione, compravendite immobiliari ecc.); • divisione e successioni ereditarie; mediazione civile • patti di famiglia; mediazione civile • locazione e comodato; mediazione civile • affitto di aziende; mediazione civile • risarcimento danni da responsabilità medica e sanitaria; • diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità; • contratti assicurativi, bancari e finanziari; mediazione civile • condominio.ioneivile Esperire un tentativo di conciliazione è inoltre obbligatorio quando la mediazione è demandata da un giudice oppure quando è prevista da clausole contrattuali o statutarie (clausole compromissorie).

LA MEDIAZIONE SU CLAUSOLA CONTRATTUALE O STATUTARIA

Se il contratto fra le parti o lo statuto societario prevedono una clausola compromissoria di mediazione, con la quale le parti si impegnano, nel caso di controversie, a esperire un tentativo di mediazione prima di ricorrere ad azioni legali, tale tentativo dovrà obbligatoriamente essere esperito dalle parti a pena di improcedibilità nel successivo giudizio.

LA MEDIAZIONE DEMANDATA DAL GIUDICE

Gli stessi giudici possono, durante il giudizio ordinario in Tribunale, inviare con ordinanza le parti presso un organismo di mediazione ogni volta che ravvisino l’utilità di avviare un procedimento di mediazione fra le parti. Anche in questo caso la mediazione è condizione di procedibilità per il giudizio.

UN’IPOTESI SPECIFICA:LA MEDIAZIONE DELEGATA NEL GIUDIZIO D’APPELLO

Quando il processo è stato avviato, anche in sede di giudizio d’appello, il giudice, in base allo stato del processo, alla natura della causa e al comportamento delle parti, così da non favorire dilazioni, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione, che è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’ordine del giudice deve essere adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa.

LA MEDIAZIONE VOLONTARIA

Per tutte le controversie relative a diritti disponibili è comunque possibile esperire un procedimento di mediazione volontario, che, in caso di successo, può portare comunque un risparmio di tempo e di denaro alle parti. Le opportunità legate al ricorso della mediazione volontaria (tempi rapidi e costi certi e ridotti) hanno portato negli ultimi anni a una notevole crescita del ricorso a questo istituto.

IL MEDIATORE

Il mediatore è un professionista con requisiti di onorabilità, competenza, terzietà e imparzialità che, individualmente o collegialmente, svolge la mediazione rimanendo privo, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo. Il suo compito è quello di aiutare le parti in lite a trovare una soluzione soddisfacente per entrambe al contenzioso, portandole al raggiungimento di un accordo condiviso ed evitando quindi il ricorso al giudice; il verbale di conciliazione che riporta tale accordo, omologato dal Presidente del Tribunale di competenza, costituisce titolo esecutivo per le parti. I mediatori, generici o specializzati in diritto internazionale o del consumo, possono operare esclusivamente presso gli Organismi di mediazione e solo dopo aver frequentato un percorso formativo ad hoc tenuto da formatori accreditati, inseriti nell’elenco dei soggetti ed enti abilitati a tenere corsi di formazione per i mediatori istituito presso il Ministero della Giustizia.

GLI ORGANISMI DI MEDIAZIONE

Gli organismi di mediazione sono enti pubblici o privati abilitati a svolgere il procedimento di mediazione e iscritti nell’apposito registro degli organismi di mediazione tenuto dal Ministero della Giustizia, dopo aver dato particolari garanzie di serietà ed efficienza. Il registro è istituito e tenuto presso il Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero e ne è responsabile il direttore generale della giustizia civile ovvero un suo delegato avente qualifica dirigenziale, che esercita poteri di vigilanza e controllo; i criteri e le modalità di iscrizione nel registro degli organismi di mediazione e nell’elenco degli enti di formazione sono fissati con D.M n. 180 del 18 ottobre 2010, pubblicato sulla G.U. n. 258 del 4 novembre 2010, che attua quanto previsto dal D.Lgs. n. 28 del 4 marzo 2010. Gli enti abilitati a svolgere la mediazione possono essere pubblici o privati (società, associazioni), ovvero organi o articolazioni interne degli enti medesimi (camere di conciliazione istituite dalle Camere di commercio, organismi non autonomi di società); prima di concedere l’accreditamento a un ente privato il responsabile del registro deve vagliare anche i requisiti di onorabilità di tutti i soci (o associati), degli amministratori e dei rappresentanti degli organismi. Ogni organismo deve dotarsi di un regolamento e di un codice etico comunicati al Ministero della Giustizia, che garantiscano i requisiti di terzietà, imparzialità e riservatezza di chi svolge il procedimento di mediazione; anche le indennità che le parti dovranno pagare per il procedimento devono rientrare nelle tabelle fissate dal Ministero ed essere comunicate al responsabile del registro.

DURATA DELLA MEDIAZIONE

Il procedimento di mediazione ha una durata massima stabilita dalla legge di tre mesi, trascorsi i quali il processo può iniziare o proseguire. Il tempo impiegato per il procedimento di mediazione non è computabile ai fini della verifica della durata ragionevole del processo, ai sensi delle L. 89/2011.

PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE

La mediazione si introduce con una semplice domanda all’organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia, contenente l’indicazione dell’organismo investito, delle parti, dell’oggetto della pretesa e delle relative ragioni. Le parti possono scegliere liberamente l’organismo. In caso di più domande, la mediazione si svolgerà davanti all’organismo presso cui è stata presentata la prima domanda. Presentata la domanda presso l’organismo di mediazione, è designato un mediatore ed è fissato un primo incontro di programmazione, in cui il mediatore verifica con le parti la possibilità di proseguire il tentativo di mediazione (non oltre trenta giorni dal deposito della domanda). La domanda e la data dell’incontro sono comunicate all’altra parte, anche a cura dell’istante. Le parti devono partecipare alla procedura di mediazione, già dal primo incontro, con l’assistenza di un avvocato. Per la mediazione obbligatoria, il mancato accordo in sede di primo incontro di programmazione vale come tentativo di mediazione esperito ai fini della procedibilità dell’azione giudiziale. In caso di mancato accordo, i costi della mediazione sono gratuiti (le spese di avvio sono comunque sempre dovuti). Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, il giudice condanna la parte costituita, che non partecipa al procedimento senza giustificato motivo, al pagamento di una somma pari al contributo unificato.

CONCILIAZIONE

Il mediatore, come detto, cerca un accordo amichevole di definizione della controversia. Se la conciliazione riesce, il mediatore redige processo verbale, sottoscritto dalle parti e dallo stesso mediatore, al quale è allegato il testo dell’accordo. Se l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze sulle spese processuali previste dall’articolo 13 del d.lgs. 28/2010. In qualunque momento del procedimento, su concorde richiesta delle parti, il mediatore formula una proposta di conciliazione.

EFFICACIA ESECUTIVA DELLA MEDIAZIONE

Quando tutte le parti sono assistite da un avvocato, il verbale di accordo, sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati, costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, oltre che per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi l’accordo allegato al verbale, su istanza di parte, è omologato dal tribunale, e costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica, oltre che per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

SPESE PROCESSUALI

All’esito del processo civile, se il provvedimento del giudice corrisponde interamente al contenuto della proposta conciliativa, il giudice esclude la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, relativamente al periodo successivo alla stessa, e la condanna al pagamento delle spese processuali della parte soccombente riferite al medesimo periodo, nonché al pagamento del contributo unificato e al pagamento dell’indennità spettante al mediatore (e all’esperto, se nominato). Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto. AGEVOLAZIONI FISCALI Tutti gli atti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni altra spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. Il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro sino alla concorrenza del valore di 50.000 euro. In caso di successo della mediazione, le parti avranno diritto a un credito d’imposta fino a un massimo di 500 euro per il pagamento delle indennità complessivamente dovute all’organismo di mediazione. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è ridotto della metà.

GRATUITA’ DELLA MEDIAZIONE

La mediazione è gratuita per i soggetti che avrebbero beneficiato del gratuito patrocinio nel giudizio in tribunale (soggetti meno abbienti): quando la mediazione è condizione di procedibilità ex lege della domanda giudiziale (nei casi previsti dall’articolo 5, comma 1 del d.lgs. 28/2010) ovvero quando la mediazione è disposta dal giudice.

GLI OBBLIGHI E LE RESPONSABILITA’ DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO IN MEDIAZIONE

Allo scopo di meglio comprendere la questione degli obblighi e delle responsabilita’ dell’amministratore di condominio in mediazione, occorre procedere all’analisi della normativa che regolamenta il procedimento di mediazione nelle controversie condominiali. Come noto, ai sensi dell'art. 5, comma 1 bis, D.Lgs. n. 28/2010, le controversie in materia di condominio sono assoggettate al previo esperimento della mediazione che, dunque, costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Con la riforma della materia condominiale intervenuta con la L. 11 dicembre 2012, n. 220, il legislatore ha introdotto l’art. 71 – quater disp. att. c.c. al fine di meglio precisare cosa debba intendersi per “controversia in materia di condominio” ai sensi dell'art. 5 del D. Lgs. n. 28/2010 Ebbene, l‘appena menzionato art. 71-quater prevede, al primo comma, che: «Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice”. In sostanza, il disposto normativo appena richiamato fa rientrare nel novero delle controversie condominiale tutte le questioni disciplinate agli artt. da 1117 a 1139 del codice civile, nonché le altre fattispecie in tema di condominio previste e disciplinate dalle disposizioni di attuazione dello stesso codice. L’art. 71 - quater, al 3 comma, stabilisce che “Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice”. Pertanto, in virtù di tale specifica previsione normativa l’amministratore di condominio potrà partecipare alla procedura mediazione solo se previamente autorizzato dall’assemblea con un quorum deliberativo rappresentato, sia in prima che in seconda convocazione, da un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea ed almeno la meta` del valore dell’edificio. L’art. 71 quater, comma 4, prevede poi l’ammissibilità di una proroga, su istanza del condominio, del termine della prima comparizione davanti al mediatore per consentire di assumere la delibera autorizzativa di cui al precedente comma. Il successivo comma 5 rimette all’assemblea dei condomini l’approvazione della proposta conciliativa, da votare con la medesima maggioranza necessaria a garantire la partecipazione dell’amministratore alla mediazione, precisando che qualora non si raggiungesse la predetta maggioranza, la proposta deve intendersi non accettata. Infine, l’ultimo comma prevede che il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l'amministratore di munirsi della delibera assembleare. Nell’ipotesi in cui le parti non dovessero raggiungere alcun accordo, il mediatore potrà formulare, su richiesta delle parti stesse, come detto, una proposta di conciliazione. In tale circostanza, entro il termine di sette giorni (termine che potrà essere derogato dallo stesso mediatore in relazione alla necessità per l’amministratore di ottenere la delibera assembleare) le parti dovranno comunicare, per iscritto, la loro accettazione; in mancanza di risposta entro tale termine la proposta del mediatore dovrà considerarsi rifiutata. Anche con riferimento a questo specifico caso, l’art. 71-quater disp. att. c.c., prevede l'approvazione della proposta di mediazione da parte dell'assemblea, con la stessa maggioranza di cui all’art. 1136, comma 2, c.c. Orbene, dall’analisi sistematica della sovraindicata normativa, si evince, con palmare evidenza, che l’amministratore di condominio, nell’ipotesi di istanza di mediazione avanzata nei confronti del Condominio dallo stesso amministrato, deve allertarsi immediatamente a convocare assemblea condominiale, al fine di ottenere l’autorizzazione a partecipare, aderendo alla mediazione e facendosi assistere da un legale che deve essere nominato, essendo nella mediazione condominiale, in quanto obbligatoria, necessaria l’assistenza di un avvocato. In considerazione della tempistica a disposizione e della complessità del condominio, considerato il numero dei condomini, come visto, egli, pertanto dovrà chiedere al mediatore nominato un differimento della data dell’incontro preliminare di mediazione. E’ però necessaria l’immediata attivazione, in questi adempimenti, dell’amministratore di condominio, considerato che, come visto, la procedura ha una durata di tre mesi e considerato che in caso d’impugnativa di delibera assembleare, alla scadenza dei tre mesi, ritornano a decorrere i termini di 30 giorni fissati dall’art.1137 c.c. a pena di decadenza per impugnare delibere assembleari annullabili. Ciò perché dalla data di comunicazione al condominio dell’istanza di mediazione, detti termini a pena di decadenza s’interrompono e poi ritornano a decorrere allo spirare dei tre mesi di durata della procedura di mediazione. Questo aspetto è di rilevantissima importanza, perché un errore ovvero un ritardo ovvero un’omissione dell’amministratore determina chiari profili di responsabilità a suo carico. C’è poi un altro aspetto da considerare e cioè che eventuali ritardi possono compromettere il raggiungimento di un accordo in mediazione, atteso che nella parte istante, più si avvicina la scadenza dei tre mesi come termine massimo della durata della mediazione, più in considerazione di una paventata ipotesi, magari, di mancato raggiungimento dell’accordo in mediazione, considerato che alla scadenza dei tre mesi le restano trenta giorni per poi attivare l’azione giudiziaria, tende a scemare, ad attutirsi l’interesse alla chiusura in mediazione, proprio in virtù di questo fondato timore. C’è poi altro obbligo, la cui inosservanza determina chiara responsabilità dell’amministratore condominiale, che si ha nel caso in cui l’assemblea condominiale ponga precisi limiti di mandato nel tentare la conciliazione ovvero pone, magari, una sola condizione come attuabile per il raggiungimento dell’accordo conciliativo. Orbene, in tal caso, se all’esito dell’incontro di mediazione si viene a prospettare un accordo conciliativo in termini diversi da quelli indicati assemblearmente, è obbligo dell’amministratore condominiale chiedere un differimento dell’incontro di mediazione, per sottoporre l’ipotesi di accordo conciliativo al vaglio del consesso condominiale e, quindi, ottenere una precipua autorizzazione al raggiungimento dell’accordo conciliativo prospettatosi in termini diversi da quello originario. Risulta di palmare evidenza che anche una violazione di tutti questi obblighi dell’amministratore condominiale comporta una probabilissima responsabilità dello stesso. Non ci resta che affermare che l’esatto adempimento in mediazione dell’amministratore condominiale dipende anche in buona parte dal valido operato dell’avvocato che lo assiste e dalle buone capacità negoziali del mediatore designato, professionisti questi che, di certo, hanno interesse ad una definizione della controversia con un accordo conciliativo, al fine di evitare un probabilmente lungo e dispendioso giudizio che di certo non tende a rendere tranquilla la vita della compagine condominiale, soprattutto all’esito della pubblicazione della sentenza che, magari può intervenire anche diversi anni dopo la vicenda per cui è controversia, ma, a tal proposito, si sa, la giustizia è lenta ma è inesorabile.            

                                                                                 Avv.Luigi Grillo

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